Decreto Dignità, approvato emendamento su delocalizzazione presentato da Anna Laura Orrico

Facebook
Twitter
LinkedIn
Il Decreto Dignità è finalmente arrivato alle votazioni in Aula alla Camera dei Deputati.

Nel testo di legge che converte il decreto ha trovato posto il mio primo emendamento, approvato in Commissione Lavoro e Finanze, che dovrà affrontare il voto dell’Aula e poi a settembre quello del Senato.

Ho voluto proporre un emendamento che potesse essere l’anticamera di un lavoro che vorrei costruire, durante il mio mandato, per fare in modo che le aree industriali dismesse, le fabbriche e gli spazi pubblici o privati abbandonati possano avere nuova vita, generando opportunità di impresa per i giovani e non solo.

Con questo emendamento le sanzioni previste per chi delocalizza saranno destinate ad un Fondo per la riconversione delle aree industriali abbandonate perché oggetto, appunto, di delocalizzazione, dando al contempo, la possibilità agli ex dipendenti di quelle aziende, se lo vorranno, di fare impresa su quel sito non disperdendo le competenze acquisite ma reinvestendole in una loro idea di azienda. In questo modo potremo intervenire per evitare che capannoni e impianti industriali abbandonati causino gravi danni all’ambiente e all’uomo e potremo consentire ai lavoratori di quelle aziende di non buttare via il tesoro del proprio know how.

E’ una grande emozione svolgere il ruolo di “legislatore”, potendo contribuire a migliorare il Decreto Dignità per la parte che riguarda le competenze della X Commissione –Attività produttive, commercio e turismo- nella quale opero.
Il tema della riconversione delle aree industriale e fabbriche dismesse è un tema per me importante, perché nella regione dalla quale provengo i finanziamenti pubblici hanno disseminato tante cattedrali nel deserto, con tante, anzi troppe, aziende che hanno preso fondi pubblici e se ne sono andate lasciando siti contaminati che ogni giorno minacciano la salute dei cittadini e l’ambiente. In molti paesi europei, queste stesse situazioni vengono gestite dalle istituzioni come risorse da convertire in residenze sociali, parchi urbani, incubatori di startup e spazi culturali, dunque perché non farlo anche in Italia e in Calabria soprattutto?

Il nostro territorio è stato deturpato spesso e volentieri in nome di uno sviluppo economico che non ha quasi mai preso in considerazione le vere vocazioni della Calabria, oggi è nostro dovere invertire questa tendenza e io sono pronta a fare la mia parte.