Economia circolare, una scelta (che conviene) da sostenere

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La Ellen MacArthur Foundation, una delle più autorevoli fondazioni statunitensi, quando parla di economia circolare intende “un termine generico per definire un’economia pensata per potersi rigenerare da sola. In un’economia circolare i flussi di materiali sono di due tipi: quelli biologici, in grado di essere reintegrati nella biosfera, e quelli tecnici, destinati ad essere rivalorizzati senza entrare nella biosfera”.

Da quanto si evince dunque “l’economia circolare” è un sistema economico pianificato per riutilizzare i materiali in successivi cicli produttivi, riducendo al massimo gli sprechi.

Il modello economico lineare, cui siamo stati abituati, si basa invece sull’accessibilità di grandi quantità di risorse ed energia ed è sempre meno adatto alla realtà che viviamo. Le iniziative a sostegno dell’efficienza – che lavorano per la riduzione delle risorse e dell’energia fossile consumata per unità di produzione  – da sole possono ritardare la crisi del modello economico, ma non sono sufficienti a risolvere i problemi dati dalla natura finita degli stock.

Si tratta di un ripensamento complessivo e radicale rispetto al modello produttivo “classico” basato sul massiccio sfruttamento delle risorse naturali e orientato all’unico obiettivo della massimizzazione dei profitti tramite la riduzione dei costi di produzione.

Ci sono però delle buone notizie per l’Italia. Il quinto rapporto Agi-Censis “Perché all’Italia conviene l’economia circolare”, realizzato nell’ambito del programma Diario dell’Innovazione della Fondazione Cotec, che indaga la reazione degli italiani di fronte ai processi innovativi, ci conferma che il futuro del nostro Paese dovrà essere necessariamente green.

L’Italia ha tutte le carte in regola per guidare l’Europa verso una corretta gestione dei rifiuti. Dall’analisi risulta che abbiamo il più basso consumo domestico di materiali grezzi (8,5 tonnellate pro-capite contro 13,5 media UE). Siamo tra i più bravi ad estrarre valore dalle risorse utilizzate (3,34 euro di PIL per ogni kg di risorse, contro un valore medio europeo di 2,2 €/kg). Siamo al 1° posto per “circolazione” di materiali recuperati all’interno dei processi produttivi (18,5% di riutilizzo contro il 10,7% della Germania).

Tra le altre ragioni che fanno del nostro Paese un punto di riferimento per l’Europa in tema di economia circolare ci sono i numeri sulla totalità dei rifiuti prodotti (129 milioni di tonnellate): solo il 21% viene avviato a smaltimento (contro il 49% della media europea). Sulla totalità dei rifiuti trattati, l’Italia ne avvia al riciclo il 76,9% (36,2% la media UE). In tema di rifiuti urbani nel 1999 il 68% veniva mandato direttamente a smaltimento. Oggi questa percentuale è scesa all’8% circa. La sola industria del riciclo si stima produca 12,6 miliardi di euro di valore aggiunto (circa l’1% dell’intero PIL italiano).  E poi ci sono gli iscritti al car sharing, raddoppiati in due anni: da 630 mila nel 2015 a 1 milione e 310 mila nel 2017.

L’attuale Governo intende sostenere questo processo attraverso investimenti mirati, anche in tecnologie avanzate e sostenibili. Il 27 settembre abbiamo presentato alla Camera una proposta di legge che mira a regolamentare e rilanciare il settore italiano del riutilizzo e che attualmente è all’esame delle Commissioni riunite Ambiente e, quella di cui faccio parte, Attività Produttive, Commercio e Turismo. Nella nostra proposta, poi, sono previste diverse misure per disciplinare e promuovere il settore, come l’istituzione di un Tavolo di lavoro permanente sul riutilizzo e la definizione della figura dell’operatore dell’usato. Un modello di sviluppo, insomma, che segue le best practice a livello mondiale, per intraprendere la direzione di una corretta e virtuosa applicazione dell’economia circolare.

Questo, tuttavia, è un tema ancora poco discusso nel nostro Paese. A tal proposito, stiamo lavorando anche nell’ottica di un maggiore sostegno e promozione dell’economia circolare, incentivando la conoscenza dei temi ambientali tra i cittadini e portando la questione ecologica al centro del dibattito politico.

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