Rigenerazione urbana come nuovo obiettivo politico. La best practice di Torino

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Durante gli ultimi anni, in Italia, la questione dei siti industriali dismessi e di una loro relativa riqualificazione e restituzione alla collettività ha guadagnato una sua dimensione, ancora residuale ma crescente, nel dibattito nazionale riguardante la rigenerazione urbana.

Con la grave situazione di crisi internazionale che ha funestato i mercati, le aree industriali a rischio chiusura e di dismissione produttiva sono notevolmente aumentate interessando ormai tutto il territorio con situazioni di maggiore criticità nelle aree del sud d’Italia dove la mancanza di strategie, di visione d’insieme e immobilismo politico hanno incancrenito il panorama già difficile.

Ragioni di opportunità pratica, sia sul versante economico che su quello urbanistico, di salvaguardia ambientale e soprattutto di tutela della salute, gli indirizzi dell’Unione europea che incentiva e ambisce ad un consumo del suolo pari a “zero” concorrono verso questo nuovo -o quasi, almeno per noi- caposaldo della programmazione politica del Bel Paese.

Lungo la penisola non sono tantissimi gli esempi (ne avevamo già accennato qui) di luoghi che un tempo rappresentavano filiere della produzione industriale e oggi sono stati riconvertiti a nuova vita. Eppure esistono delle best practice che meritano di essere conosciute e considerate un’ispirazione. Una di queste è  l’Environment Park di Torino, il Parco dell’ambiente e della tecnologia sorto sul bacino idrografico del fiume Dora fortemente snaturato dalla presenza industriale.

Ci troviamo in un contesto in cui, sotto la Mole, le problematiche del tessuto urbano e sociale hanno reso necessaria la riqualificazione dell’area. Il sito è stato sede delle Ferrovie Vendel, poi passate alla Fiat nel 1927, ed è dotato di una fitta rete di canali che, addirittura dall’anno mille, hanno alimentato i mulini di produzione in un sistema idrico ben strutturato. L’attività industriale termina nel 1986 ma solo nel 1996 cominciano i lavori di riqualificazione ambientale, grazie ad una variante del Piano regolatore generale regionale che, attraverso il processo di riqualificazione urbana chiamato Spina 3, destina 2 milioni di metri quadri al verde pubblico. La procedura di realizzazione ha visto l’emanazione di un bando di gara per concorso di idee.

Il progetto scelto è stato quello che intendeva realizzare un parco di ricerca ed innovazione tecnologica ed industriale capace di recuperare l’identità industriale dei luoghi ed, anzi, enfatizzandola e sostituendo a siti dismessi nuove funzionalità a servizio delle industrie e della ricerca scientifica con l’applicazione diretta delle nuove tecnologie sperimentate. Il tutto introducendo l’innovazione ed i principi base della “green architecture”. Il progetto del parco prevede dunque l’utilizzo di prodotti ecosostenibili ed ecocompatibili, con soluzioni progettuali e tecniche di architettura sostenibile come tetti e facciate verdi e facciate naturali, la fitodepurazione, la riduzione dell’impatto ambientale degli interventi.

La presenza dell’area industriale preesistente aveva infatti lasciato tracce evidenti e dolorose sul territorio. L’inquinamento da scarichi industriali delle acque del fiume e dei canali, l’occlusione di tratti del fiume, la saturazione dei terreni con metalli pesanti che hanno toccato anche le acque di falda, la cementificazione e la modifica del corso del fiume e dei canali, la presenza di fanghi tossici.

Il percorso di rigenerazione urbana messo in atto ha generato una serie di step che hanno visto al centro le operazioni di riqualificazione ambientale per ovvie necessità di bonifica dei terreni e delle acque dalle scorie industriale e si è sviluppato garantendo finanche attività come la mobilità lenta con percorrenza pedonale e ciclabile o la riduzione della dispersione energetica oltre tutta l’offerta di cui sopra.

Il connubio tra innovazione tecnologica, riqualificazione ambientale e sviluppo economico hanno così prodotto, come si diceva prima, una best practice che ha reso un sito industriale in dismissione un polo tecnologico industriale avanzato che riesce a legare tutte le parti dalla filiera produttiva, dalla ricerca universitaria, all’innovazione tecnologica industriale fino all’utente finale che ne usufruisce nel polo congressi e l’attività fieristica nonché nell’edilizia riqualificata e di nuova costruzione.

Chapeau.

© Foto: Environment Park